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23 Marzo 1891: a Piacenza nasceva la Prima Camera del Lavoro d’Italia
di PAOLO LANNA
Segretario generale Camera del Lavoro di Piacenza

Era il 23 marzo, come oggi. L’Italia era giovane, aveva solo trent’anni. Quel giorno un evento unico scaldò nel profondo l’anima di tanti piacentini. In una stanza al piano rialzato di un palazzo di via Borghetto, il 23 marzo 1891, prese vita la prima Camera del Lavoro "sorta sotto i cieli d’Italia".
Così, dopo la Primogenitura nell’Italia unita anche il movimento sindacale mosse il suo primo passo proprio qui a Piacenza.
Un fatto storico: "La prima Borsa del Lavoro sorta sotto i cieli d’Italia" che di lì a poco venne portato alla conoscenza di tutti in città grazie ai manifesti che furono affissi su tanti muri all’ombra del Gotico. Oggi; in questo inizio del nuovo secolo così aspro e difficile, è particolarmente importante celebrare questa data per quello che ci racconta delle nostre radici, ma anche per la straordinaria attualità di quel progetto. In quegli anni tutto il movimento operaio europeo viveva un fermento culturale profondamente innovativo in grado di mettere in comunicazione contesti diversi con aspirazioni simili. Ad esempio la riflessione politica posta alla base delle Borse du travail di Parigi con le iniziative di rappresentanza sociale che maturavano quasi contemporaneamente nelle più importanti città dell’Italia del nord, a partire da Piacenza - ancora una volta la primogenita - per diffondersi poi a Milano, Torino e l’anno successivo a Parma. Si trattava della rivendicazione di condizioni salariali più giuste, di un mercato del lavoro regolato, del rispetto dei diritti minimi di un lavoro dignitoso, ma anche dell’aspirazione a un profondo cambiamento sociale e all’emancipazione dei più deboli. Dunque rivendicazioni molto concrete, accanto a un progetto culturale e politico più ampio; "Se ti punge vaghezza del meglio…" così esordiva qualche tempo dopo il manifesto fondativo della Camera del lavoro di Bologna. Oggi proprio l’attualità della crisi ci consegna l’urgenza di riprendere la dimensione internazionale del sindacato e la capacità di tenere assieme la concretezza dei problemi quotidiani con un progetto di cambiamento profondo degli squilibri e delle ingiustizie del mondo globalizzato. Allora i lavoratori rivendicavano miglioramenti concreti per l’oggi, ma pensavano anche di costruire con la loro azione un futuro più giusto. Per questo nella Camera del lavoro si discuteva di salario minimo per la paga oraria, ma si dedicavano altrettante energie alla formazione culturale. Sin dalla fondazione nelle Camere del Lavoro si insegnava a leggere e scrivere e si organizzavano anche biblioteche popolari.
Diverse associazioni di mestiere nello stesso sindacato che era nato per unire e non per dividere; un‘unica casa per tutti i lavoratori. Uomini e donne diventavano protagonisti di questa avventura tesa ad un futuro migliore, tentando così di trasformare le differenze in un valore. Tutto ciò accadeva in questa terra perché qui riuscivano a convivere le tradizioni del socialismo riformista con le radicalità del sindacalismo rivoluzionario. E’ nelle prime Camere del lavoro che questi valori di pluralismo, concretezza, capacità di tenere assieme in un progetto comune diversi mestieri e diverse tradizioni definiscono il tratto fondante del sindacato confederale dell’Italia unita.
Questo nuovo progetto sindacale unitario nasce inoltre da una profonda relazione con le realtà locali. In primo luogo con le municipalità territoriali - come non ricordare il fatto che il Consiglio comunale di Piacenza, nel 1891, fornì alla prima Borsa del lavoro i fondi per pagare l’affitto della sede - e con la parte politica più progressista dell’epoca. Ieri e oggi c’è un sindacato geloso della propria autonomia e del proprio ruolo di rappresentanza sociale, che non rinuncia però a un dialogo fecondo con le Istituzioni e con la politica. Nell’anno in corso per la Camera del Lavoro di Piacenza gli eventi che puntano a celebrare il 120esimo della fondazione vogliono essere anche un’occasione di riflessione per il futuro del sindacato.
Crediamo che i principi di confederalità - quel tentativo di tenere insieme diversi sindacati di mestiere, i giovani con gli anziani, i lavoratori italiani con i migranti - siano il senso profondo di un sindacato moderno. Per questo vogliamo festeggiare i nostri 120 anni aprendo le nostre porte a tutta la città e in particolare ai giovani. L’invito che mi permetto di fare a tutti coloro che hanno a cuore il valore del lavoro e dei diritti di cittadinanza è quello di
oltrepassare quella porta e di venire a conoscerci.