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A rischio il futuro dell’ex Arsenale di Piacenza, succube di problemi organizzativi e del disinteresse della città 
L’ex Arsenale di Piacenza vive una situazione drammatica a causa dei suoi numerosi problemi interni. La più grande azienda pubblica dell’Emilia Romagna, che ha dato lavoro a diverse generazioni di piacentini e che occupa attualmente circa 700 lavoratori, è sprovvista di un piano organizzativo per la manutenzione dei nuovi sitemi d’arma, manca di finanziamenti per macchinari e infrastrutture e di personale qualificato in grado di sostituire i prossimi pensionati. Il rischio è che da qui a 5 anni l’industria militare piacentina non abbia più futuro. Per questo motivo mercoledì 29 giugno 2011 lavoratori, rsu e sindacati hanno imbastito un volantinaggio nel tentativo di sensibilizzare cittadini e istituzioni locali circa la situazione pericolosa in cui si trova oggi lo stabilimento.

Qui di seguito un articolo apparso su Libertà il 30 giugno 2011.a 


Il Polo di mantenimento pesante nord è come un malato a cui hanno dato 5 anni di vita. Può salvarsi, ma non si interviene in maniera rapida ed efficace non sopravviverà".
Lavoratori, rsu e sindacati ieri mattina sono scesi in piazza per portare alla ribalta la delicata questione che si sta vivendo all’ex Arsenale, temendo che possa tra poco verificarsi una situazione stile-Fincantieri. E per questo chiedono la mobilitazione di cittadini, istituzioni, forze economiche e sociali.
"Mentre si parla di aree militari e si fanno grandi progetti per la città del futuro - hanno detto i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil, Paolo Lanna, Marina Molinari e Massimiliano Borotti nel corso del volantinaggio - Piacenza rischia sempre più seriamente di perdere la più grande industria pubblica dell’Emilia Romagna, in cui sono occupate 700 persone. Il tutto nel disinteresse più completo".
Un accorato appello, a cui qualche ora dopo hanno risposto il generale Francesco Castrataro e il sindaco Roberto Reggi (vedi sotto), garantendo il massimo impegno per la riqualificazione dello stabilimento e la salvaguardia del suo personale.
Ma di promesse, in questi anni, i dipendenti e i loro rappresentanti ne hanno sentite molte, soprattutto da parte della Difesa. Ed è proprio ai vertici militari che rivolgono il primo sos: "Nei suoi 100 anni di storia il Polo ha dato lavoro a più generazioni di piacentini e ha dato lustro alla città, anche nel settore industriale provato. Ma il nostro stabilimento sta morendo nel sostanziale disinteresse della città: manca un piano organizzativo per la manutenzione dei nuovi sistemi d’arma, mancano i finanziamenti per macchinari e infrastrutture, avanti di questo passo nel giro di 5 anni la maggior parte del personale qualificato andrà in pensione senza essere sostituito". E per Piacenza sarebbe una sciagura: "Significherebbe - hanno aggiunto i sindacati - che perderemmo 700 posti di lavoro, oltre a tutto l’indotto e gli altri insediamenti militari presenti, con un enorme danno per l’economia della città. Una prospettiva molto pesante, di cui però nessuno parla adeguatamente: l’industria militare piacentina è un patrimonio di tutti, ci piacerebbe vedere una mobilitazione generale come quella che è stata organizzata per le vicissitudini del Piacenza calcio. Iniziativa lodevole, facciamo lo stesso per tutte le famiglie che rischiano di trovarsi senza più stipendio se l’ex Arsenale sarà costretta a chiudere".
Non manca però anche un forte richiamo alle istituzioni: "I mancati investimenti sono colpa del ministero, il blocco del turnover dipende dal governo, ma ci sono anche interventi e scelte che possono essere messe in campo dal cosiddetto sistema Piacenza. La situazione è sempre più drammatica, l’impoverimento professionale è continuo e i reparti vengono chiusi. Abbiamo un fiore all’occhiello che abbiamo lasciato appassire, facciamo in modo che venga presto innaffiato da investimenti e progetto concreti, quelli che le amministrazioni locali devono sollecitare fino ad averli ottenuti".
Domani, intanto, si celebra il centesimo compleanno dell’ex Arsenale: la speranza è che, come si usa dire, ci siano altri 100 di questi giorni.
Michele Rancati