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Lavoro, al via la campagna di raccolte firme per il Referendum. "Per il lavoro ci metto la firma"
Referendum 2024 CGIL

Il lavoro in Italia è troppo precario e i salari sono troppo bassi. Tre persone al giorno muoiono lavorando. Per realizzare il massimo profitto possibile appalti, subappalti, finte cooperative, esternalizzazioni di attività sono diventati normali modelli organizzativi di ogni azienda privata e pubblica.
Il frutto di vent’anni di leggi sbagliate è un netto peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle persone che per vivere devono lavorare.

 È il momento di ribellarci e di cambiare. 

Il lavoro deve essere tutelato perché è un diritto costituzionale. Deve essere sicuro perché di lavoro si deve vivere e non morire. Deve essere dignitoso e perciò ben retribuito. Deve essere stabile perché la precarietà è una perdita di libertà.

Per questo ti chiediamo di firmare per poter poi cancellare attraverso il referendum alcune di queste leggi sbagliate.

 Mettiamoci la firma! 
QUI

Anche a Piacenza sta per decollare la campagna referendaria che la Cgil ha messo in campo. Quattro quesiti a beneficio di tutti i cittadini. Quattro domande per ridurre la precarietà e garantire più sicurezza negli appalti. Quattro proposte per smontare alcune delle leggi che hanno portato a un mondo del lavoro selvaggio, pieno di precarietà e troppo sbilanciato a favore delle imprese. Sono state presentate dalla Cgil e pubblicate in Gazzetta ufficiale: referendum per i quali il sindacato CGIL si appresta a raccogliere entro l’estate le 500mila firme necessarie per andare poi al voto nella prossima primavera. L’obiettivo? Uno solo: cambiare le norme che hanno impoverito il lavoro e hanno reso i lavoratori meno protetti e più vulnerabili, con meno diritti e con più possibilità di essere licenziati. Insieme all’iniziativa referendaria la Cgil porterà avanti anche proposte di legge e un contenzioso giudiziario mirato, azioni combinate per arginare le numerose riforme pensate e approvate apposta per togliere tutele e protezioni.
Il primo quesito mira a cancellare l’intero decreto legislativo 23 del 2015, il famoso Jobs Act, una legge che ha di fatto reso inapplicabile nel 90 per cento dei casi l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: un’azienda con più di 15 dipendenti può licenziare in maniera illegittima, quindi anche se non c’è giusta causa o giustificato motivo soggettivo o oggettivo (ristrutturazione dell’impresa, crisi aziendale, soppressione del posto, ecc.) e il lavoratore non può essere reintegrato: ha diritto solo a un indennizzo che viene stabilito esclusivamente in base agli anni di servizio nell’azienda (elemento peraltro dichiarato incostituzionale dalla Consulta).
Il secondo quesito riguarda le aziende sotto i 15 dipendenti. Se un lavoratore viene licenziato, va dal giudice e dimostra che il suo è stato un licenziamento illegittimo, la legge prevede la riassunzione o l’indennizzo. Il referendum della Cgil chiede di abrogare le norma che mette un tetto massimo all’indennizzo che è di 6 mensilità, maggiorabile dal giudice fino a 10 mensilità.
Il terzo quesito riguarda il contratto a termine e vuole intervenire sulle norme che ne hanno liberalizzato l’uso, nel privato come nel pubblico.
Per il quarto quesito siamo nel campo degli appalti e in particolare della sicurezza negli appalti. Oggi se un’azienda dà in appalto un’attività a un’altra e questa a un’altra ancora, i committenti non sono responsabili in solido in caso di infortunio o di malattia professionale del lavoratore. Il quesito vuole cancellare la norma che esclude questa responsabilità.